L’egemonia culturale dell’Auto-Centrismo

Il caso “Bologna Città 30” sta alimentando il dibattito nazionale sulla Mobilità Sostenibile. Ma come sempre accade si finisce per sostenere o criticare la misura in sé, senza guardare in prospettiva, senza interrogarsi su “una visione“.

La questione della velocità in ambito urbano infatti è solo formale. Le zone 30 ci dicono che c’è un modo per “ripensare le strade” delle città, che oggi sono occupate per tre quarti da automobili private ferme. Il tema è l’equa distribuzione dello spazio urbano.

Tra i settori della transizione, la mobilità urbana sostenibile è forse l’unico nel quale si avverte chiara la spinta dal basso: quella determinata delle idee e degli umori, dei comitati e dei contro-comitati. Questo accade perché mobilità vuol dire uso dello spazio della città: a favore di chi, contro chi, è una dinamica facile, comprensibile.

Ogni misura che viene presa è anche l’infografica di se stessa, a volte ci sono in gioco la vita e la morte, la salute e la malattia, su tempi più stretti della crisi climatica. La mobilità è una palestra di conflitto ecologico aperta anche a pezzi di società che il conflitto di solito non lo praticano.

L’idea della città 30, adottata da Olbia come prima città italiana e poi da Bologna, è allo stesso tempo punto di arrivo e totem di questa elaborazione politica. Milano, nonostante le sue credenziali ecologiche, è ancora un baluardo dell’automobile. Il dibattito è tutto incentrato sulla velocità, quando invece l’obiettivo di questo modello (arrivato dal basso) è più ampio e andrebbe discusso nel merito. È un cambio di paradigma che non ha niente a che fare con la destra o la sinistra, non a caso l’amministrazione di Olbia è di centrodestra.

A livello nazionale però è un’altra storia: la piattaforma ruota intorno a una proposta di legge che non ha nessuna speranza di essere approvata. Il nuovo codice della strada rende solo la vita più difficile ai sindaci che vogliono provare a limitare la velocità. Ma ciò che conta è fare opera di sensibilizzazione, creare consenso intorno a questa idea che città più lente sono città più sicure, in cui si vive meglio.

Le pubbliche amministrazioni di ogni colore tendono a essere timide. In Italia non abbiamo un caso Parigi, un amministratore col coraggio di attuare un cambiamento su larga scala. Ma il problema principale è costituito dalla mancanza cronica di finanziamenti. Gli stanziamenti sono dispersi e senza una visione sistemica di come si vogliono le città del futuro. Il PNRR da questo punto di vista rappresenta un’occasione mancata.

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