Alle origini del razzismo

Il razzismo ha radici antiche e profonde. Non è un caso che alcuni degli Stati più potenti del globo abbiano fondato la propria potenza e prosperità sul razzismo e sulla schiavitù – Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, ma anche noi italiani sia in Africa che con quel peculiare razzismo interno nei confronti del Sud.

A cominciare dall’età moderna, con l’apertura delle grandi rotte commerciali (1487 verso l’Asia e 1492 verso l’America), il mondo occidentale ha cominciato a relazionarsi e confrontarsi con differenti realtà culturali, molto diverse dagli infedeli ma comunque avanzati e quindi rispettabili arabi.

L’apertura di queste rotte ha portato all’espansione delle moderne nazioni su territori stranieri, e la superiore potenza tecnica europea ha permesso il dominio sulle popolazioni indigene. Tale dominio fu giustificato anche in senso ideologico: nacque un’idea di superiorità dell’Europeo, una superiorità religiosa, tecnica, culturale, biologica. Questi diversi elementi di diversità vennero racchiusi nella macrocategoria di “razza”.

Creato e sostenuto, a suo tempo, da una larga frangia della scienza occidentale, il paradigma della “razza” è una grande novità che sta alla base delle discriminazioni colonialiste ed imperialiste del mondo degli ultimi cinque secoli.

Il razzismo è una dinamica interna ed essenziale al capitalismo stesso, utile a mantenere la sottomissione e la dipendenza di certe fasce della popolazione o di certi popoli. Sin dall’inizio del colonialismo si può assistere alla distruzione sistematica di intere popolazioni in nome della “razza” (si pensi ai popoli indios in America, o alle vicende del Congo belga) in una maniera non meno cruenta e non molto diversa dalla distruzione pianificata degli ebrei ad opera del regime nazista, mossa anch’essa da motivazione di stampo razziale.

D’altronde, il movente della Germania hitleriana era proprio quello della costruzione di un impero tedesco sullo stampo degli altri imperi europei.

Si tratta di capire che il razzismo assume un’ampiezza globale in quanto strumento di oppressione e sfruttamento, strumento di ingiusta disuguaglianza che va oltre i confini e le discriminazioni interne alle varie nazioni, ma di cui le nazioni si servono per i propri interessi.

Le rivendicazioni che abbiamo visto in questi mesi negli Stati Uniti sono dunque espressione non solo di una disuguaglianza di trattamento da parte delle forze dell’ordine, ma di un intero sistema che è interessato a mantenere parte della popolazione in una condizione di sudditanza e sfruttamento.

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