Fantascienza inclusiva

Negli ultimi anni si è diffusa la consapevolezza che una visione del futuro limitata esclusivamente a navicelle e città volanti sia parziale e inadeguata.

Sta quindi emergendo una fantascienza più inclusiva, più vasta sui temi e sulle riflessioni del futuro: titoli TV quali The Expanse o Black Mirror segnano un profondo solco tra le produzioni del passato e quelle contemporanee.

Nel 2018, con “Discovery“, anche una serie storica come Star Trek  ha finalmente proposto come protagonista una donna nera, con una capitana malese di origine cinese e una coppia di uomini gay nell’equipaggio. Star Trek ha impiegato ben cinquantaquattro anni dalla prima messa in onda della serie originale per arrivare all’ultima sua forma inclusiva (e un po’ riparatrice)di un futuro che, se non fosse stato per la parentesi del capitano Kathryn Janeway, avrebbe continuato a perpetuare gli standard puramente patriarcali degli anni ’60.

Anche l’ultimo reboot cinematografico di Star Trek aveva provato a riscrivere il personaggio del tenente Sulu sulla magnetica personalità del primo attore e attivista per i diritti LGBT+ George Takei, per poi falciare tutto nell’editing finale.

Nella storica controparte di George Lucas, con l’ultimo capitolo Star Wars: l’ascesa di Skywalker, dopo quarantatré anni dal primo episodio, c’è finalmente un bacio tra una coppia di donne che persiste nel montaggio finale, benché solo nei paesi occidentali. Scene che vivono sempre sullo sfondo, come se quello fosse l’unico ecosistema dove possono vivere le persone LGBTQ+ nella fantascienza. Perché futuro sì, ma non esageriamo, signora mia.

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