Lavoro agile, ma non troppo

Nell’ultimo rapporto ISFORT sulla Mobilità in Italia, pubblicato nello scorso mese di novembre, è stata dedicata un’ampia sezione al cosiddetto lavoro agile. Il rapporto evidenzia che la domanda di mobilità dei cittadini è influenzata dall’esplosione delle attività a distanza che si è registrata durante la pandemia in tutti i settori. Negli ultimi anni si sono affermati modelli di organizzazione del lavoro attraverso attività da remoto comunemente identificati – al netto di una certa indefinitezza definitoria – come “smartworking”.

La penetrazione dello smartworking si è poi ridotta una volta superato il picco più acuto delle limitazioni alla mobilità, ma ha comunque mantenuto un peso significativo, in particolare nelle grandi imprese e nelle aree urbane maggiori, che è opportuno monitorare e di cui è importante valutare l’impatto sulla domanda.

Nelle stime del Politecnico di Milano in ci sono in Italia circa 3,5 mln di smart workers (continuativi e saltuari), contro i poco più di 500mila del 2019 e la punta di 6 mln nel primo trimestre 2020.

  • Secondo i dati Audimob sul totale dei lavoratori la quota di SW è scesa dal 42,9% del 2020 al 25,8% del 2022, con una percentuale di continuativi scesa dal 24,6% al 6,7%
  • I lavoratori in SW tendono ad effettuare, rispetto ai non-SW, più spostamenti a piedi, in bici e con mezzi pubblici, ma le differenze nell’uso dei mezzi non sono così accentuate.

Rispetto alla dislocazione territoriale, i lavoratori a distanza sono presenti soprattutto nelle regioni del Nord-Ovest (30,1% degli smart workers continuativi nel 2022, in crescita rispetto al 2021, e 33,4% di quelli saltuari), con una quota significativa anche al CentroSud (tuttavia in leggera riduzione) (Tab. 14). Inoltre è rilevante il peso delle grandi aree urbane per la diffusione del lavoro remoto, a differenza di quanto accade nei centri più piccoli; solo il 16,7% degli smart workers continuativi e il 10,7% di quelli saltuari vivono nei Comuni con meno di 10.000 abitanti, mentre nelle grandi città risiedono poco meno
del 40% di tutti i lavoratori a distanza.

I vantaggi del ricorso allo smartworking sono ormai da tempo dimostrati, ma in Italia anche sul lavoro cossiddetto “di ufficio” prevale probabilmente ancora una cultura del controllo connessa ad un modello di lavoro ormai obsoleto. Questa resistenza impatta negativamente sulle iniziative avviate a più livelli a favore della riduzione della domanda di mobilità.

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