Sostenibilità significa Inclusività

Ognuno di noi tende a considerare la propria esperienza come universale, dando per scontato che i luoghi che abitiamo o attraversiamo vadano bene così come sono o che, al massimo, il loro unico sviluppo possibile sia un progresso tecnologico. Eppure il modo in cui le città sono progettate e costruite, e le politiche che le governano, hanno conseguenze sulla qualità della vita di miliardi di persone.

Nei prossimi trent’anni, la popolazione che nel mondo vive in contesti urbani aumenterà di circa 2 miliardi e mezzo, arrivando al 70% degli abitanti del pianeta. Nelle città si aggiungeranno anche 1 miliardo di veicoli, ma la maggior parte delle infrastrutture necessarie devono ancora essere costruite.

Ci troviamo in un possibile momento di svolta: le decisioni che prendiamo determineranno se continueremo a crescere in modo frammentato e insostenibile, non sicuro e inquinante, o se invece saremo capaci di creare un futuro sostenibile e più inclusivo. Sono sempre di più, infatti, i comuni impegnati in progetti per gestire le risorse in modo intelligente, diventare economicamente sostenibili ed energeticamente autosufficienti, e attenti alla qualità della vita e ai bisogni dei propri cittadini.

Si tratta di trasformare le nostre città in smart cities, cioè un luogo “in cui le reti e i servizi tradizionali sono resi più efficienti con l’uso di tecnologie digitali e di telecomunicazione a beneficio dei suoi abitanti e del business”, secondo la definizione della Commissione europea. Tecnologiche, veloci e sostenibili, le smart cities dovrebbero essere anche aperte, universali, agibili. Non possiamo più permetterci trasformazioni che non siano inclusive: le città del futuro sono accessibili e appartengono a tutte e tutti.

Oggi infatti per le persone con disabilità, infatti, la mobilità si rivela uno dei problemi più difficili da superare a causa delle barriere architettoniche, gli impedimenti materiali e concreti che limitano la mobilità delle persone, e percettive, quelle, per esempio, che rendono scarsamente conoscibile l’ubicazione degli edifici di uso pubblico, e che risultano ostili a persone cieche o sorde. Ostacoli che non permettono di partecipare alla vita civile in maniera autonoma e che impediscono di spostarsi liberamente, anche solo per raggiungere strutture sanitarie, scuole, luoghi di lavoro o di socialità.

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