La città è il luogo dei cittadini, non delle auto

Come tutti gli ecosistemi naturali, anche le città sono luoghi complessi e diversificati che ospitavano una serie di svariate attività. Le nostre strade sono spazi pubblici, utilizzati per numerosi scopi: lavoro, commercio, gioco, socializzazione e trasporto. La parola “cittadino” significa che la città ideale dovrebbe organizzata attorno alla cittadinanza, attorno alla partecipazione alla vita pubblica. Ed è così che era una volta.

Ma proprio come le aree delle nostre campagna sono state asservite all’agricoltura, nel secolo scorso le nostre strade cittadine sono state ottimizzate per un solo obiettivo: spostare le persone il più rapidamente possibile, senza ostacoli da parte di chiunque utilizzi lo spazio pubblico per altri scopi. Ma la ricerca di questo obiettivo (peraltro disatteso) ha portato il nostro ambiente urbano condiviso, che un tempo era per tutti, ad essere dominato solo da auto in movimento e parcheggiate.

Questo pessimo risultato non era inevitabile. Quando le auto iniziarono ad invadere le città per la prima volta (negli Stati Uniti dagli anni ’20 in poi, e in Europa dagli anni ’50), l’opinione pubblica impose che esse dovessero adattarsi al sistema esistente, quindi i pedoni avevano la precedenza.

Ma nell’arco di un solo decennio prese piede l’idea che la città avrebbe dovuto adattarsi all’auto. I commercianti non potevano più offrire le loro merci per strada, solo in mercati dedicati e regolamentati. E così i bambini hanno smesso di giocare fuori casa ed hanno dovuto imparare fin dalla tenera età a fare attenzione agli automobilisti, piuttosto che fosse il contrario. I pedoni sono stati relegati sul marciapiede. Il cambiamento

Con l’aumento del costo della benzina, la nostra crescente consapevolezza dei danni che le auto infliggono al nostro ambiente e l’aumento dei costi di parcheggio e degli oneri di congestione, sicuramente ora è il momento di trovare un modo migliore, che ci permetta di riportare le nostre città alla socialità che erano una volta, per invertire il flagello della monocultura.

Immagina di guardare fuori dalla tua finestra ma, invece di file di macchine parcheggiate e corsie di traffico, vedi un orto comune, un barbecue in comune, un’area giochi per bambini, fiori di campo per attirare gli insetti. Mezzi di trasporto diversi, certo – magari un paio di auto elettriche – ma con la mobilità che non ha più la precedenza. Un “ecosistema naturale” della città restaurato.

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