The Book of Vision

In The Book Of Vision (presentato a Venezia nella sezione autonoma della Settimana della Critica) la natura si anima davvero, e lo fa con un misto affascinante di carnalità e animismo, con effetti analogici tra il povero e l’inquietante. Il tutto nella cornice di una mitologia folkloristica che non ci appartiene e invenzioni visive.

La trama mette in prospettiva un medico che oggi studia la storia della medicina su un libro del Settecento e su lettere d’epoca in cui sono raccontate le vicissitudini dei pazienti. I due documenti insieme raccontano l’evoluzione umana e scientifica del passaggio dalla medicina tradizionale (fatta di interpretazione dei sogni, salassi e credenze unite ad evidenze) a quella moderna, in un mondo in cui si muove qualcosa che non possiamo conoscere.

In questa storia, in cui una donna del presente diventa ossessionata dal racconto di un passato che fa stranamente eco con la sua vita (gli stessi attori interpretano i personaggi di oggi e di ieri), cominciano a esserci le apparizioni dei personaggi immaginati nel mondo reale, come se osservassero che cosa accade ora, come se si materializzassero dalla mente della protagonista che li ha letti. Ci sono diversi momenti e una certa sospensione a cui non siamo abituati, non tutto ha uno scopo nella trama (che tuttavia c’è ed è chiara), molto sta lì a suggerire qualcosa, a lavorare di creazioni visive per superare i confini della sola storia e suggerire che nella realtà che vediamo esiste di più.

Social sharing: