Il piano sequenza di 1917

Mentre la cinepresa segue l’avanzata instancabile dei soldati senza apparenti tagli di montaggio, nelle trincee, nei ruderi di campagna, nei paesaggi scarnificati dalla guerra, l’impressione è che lo sguardo sia prigioniero dello scorrere incessante, rapido del tempo: “Il vero nemico è il tempo“.

Sam Mendes utilizza il piano-sequenza come strumento di una grammatica cinematografica che apertamente privilegia la soggettività del racconto.
L’abile uso della cinepresa, le inquadrature che talvolta inseguono i personaggi e talvolta si lasciano inseguire, rivendicano una personalissima cifra estetica (soprattutto nella prima metà del film), che sebbene non frantumi la fabula per riordinare gli eventi secondo necessità drammatiche, si serve delle angolazioni, degli effetti speciali e di una peculiare attenzione ai ritmi narrativi.

La scelta di basare “1917 sostanzialmente su due enormi piano sequenza può a tratti far pensare a un videogame, ma in verità si tratta di una scelta stilistica coraggiosa che ha il merito di favorire l’avvicinamento dello spettatore alla vicenda, di portarlo dentro, di coinvolgerlo.

Nel concitato susseguirsi di eventi, il suo personale intento sembra svelare l’insensatezza, l’inspiegabile assurdità del male e il piano-sequenza è lo strumento ideale per farlo. È il peso dello scorrere continuo, instancabile, del tempo che immerge lo spettatore in una condizione di eterno presente. Poco spazio rimane per il passato dei protagonisti, la dimensione del ricordo si assottiglia di fronte alla carica distruttrice della violenza che invade l’oggi.

1917 è molto più moderno e ci è molto più vicino di quanto pensiate. In un mondo in preda al caos, perdite e paura, ciò che può fare la differenza sono i rapporti umani e la speranza che rimane in ognuno di noi. William è quel soldato fragile che per caso si ritrova in una missione troppo grande per lui; eppure, raccogliendo tutto il coraggio e la forza che ha, riesce non solo ad onorare l’amico ma anche a salvare delle vite umane.

Passo dopo passo, spavento dopo spavento, alla fine ci sembra di correre con lui in quel campo preso d’assalto e bombardato e insieme a lui arriviamo dal tenete Blake (Richard Madden) per dare lui la brutta notizia. “1917” è quel film che riesce a parlare di guerra senza esagerare, senza strafare; si limita a seguire due ragazzi qualunque nella loro missione di un giorno qualunque, ed è come se ci portasse lì, tra quei prati verdi, in quella città con le pareti in fiamme, nel fiume mentre stiamo per annegare tra i petali di ciliegio.

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