L’Io su Internet

Nel 1959, il sociologo Erving Goffman espose una teoria dell’identità che ruotava attorno alla recitazione. In ogni interazione umana, scrive ne La vita quotidiana come rappresentazione, una persona deve inscenare una sorta di performance, lasciare un’impressione sul pubblico.

La performance può essere calcolata, come il tizio che va a un colloquio di lavoro e si è preparato ogni risposta; può essere inconscia, come il tizio che ha partecipato a così tanti colloqui di lavoro che sa naturalmente cosa richiede la situazione; può essere automatica, come il tizio che fa sugli altri una buona impressione principalmente perché è un uomo bianco della classe medio-alta con un Master in Business Administration.

Comunicare un’identità richiede un certo grado di autoinganno. Un performer, per essere convincente, deve nascondere i fatti incresciosi che ha dovuto imparare riguardo alla sua performance. Nel contesto della vita quotidiana, ci saranno cose che conosce, o che ha conosciuto, che non sarà in grado di dire a se stesso.

Offline, ci sono forme di sollievo integrate in questo processo. Il pubblico cambia: la performance che insceni durante un colloquio di lavoro è diversa da quella che metti in scena più tardi, in un ristorante per il compleanno di un amico, che è a sua volta diversa da quella che metti in scena per il partner a casa.

Online il sistema metastatizza in un disastro. La rappresentazione quotidiana del nostro io in internet corrisponde ancora alla metafora della recitazione di Goffman: c’è il palco, c’è un pubblico. Ma internet aggiunge una miriade di altre strutture metaforiche da incubo: lo specchio, l’eco, il panopticon. Mentre ci muoviamo su internet, i nostri dati personali vengono monitorati, registrati e rivenduti da una serie di società: un regime di sorveglianza tecnologica involontaria, che diminuisce inconsciamente la nostra resistenza alla pratica dell’autosorveglianza volontaria sui social media.

L’individualità si piega sotto il peso di questa importanza commerciale. Negli spazi fisici, c’è un pubblico e un lasso di tempo limitato per ogni esibizione. Online, il tuo pubblico può ipoteticamente continuare a espandersi per sempre e le prestazioni possono non finire mai (puoi sostanzialmente partecipare a un infinito colloquio di lavoro).

Ma la cosa peggiore è che praticamente non c’è backstage su internet; mentre il pubblico offline si svuota necessariamente e cambia, il pubblico online non se ne va mai. La versione di te che pubblica meme e selfie per i compagni di classe adolescenti potrebbe finire a litigare con l’amministrazione Trump dopo una sparatoria in una scuola, come è successo ai ragazzi di Parkland, alcuni dei quali sono diventati così famosi che non potranno mai togliersi la maschera.

Le persone che mantengono un profilo internet pubblico stanno costruendo un sé che può essere visualizzato contemporaneamente dalla loro madre, dal loro capo, dai loro potenziali capi futuri, dal loro nipote di undici anni, dai loro partner sessuali passati e futuri, dai loro parenti che detestano le loro idee politiche, così come da chiunque si prenda la briga di cercare, qualunque sia il motivo. L’identità, secondo Goffman, è una serie di affermazioni e promesse. Su internet, una persona altamente efficiente è una persona che in ogni momento può promettere tutto a un pubblico che aumenta indefinitamente.

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