Il dono dell’assenza

La necessaria risposta allo stato di emergenza ha minato le basi della struttura del quotidiano, ha sgretolato la fittizia “sovrastruttura” dei rapporti sociali, costringendoci ad una guerra di trincea apparentemente di tutti contro tutti ma realmente di tutti-per-tutti. Indubbiamente una formidabile fatica, soprattutto per i più giovani, restare a casa rinunciando alla tanto ricercata vita sociale, ma solo in questo modo (si spera!) si potrà tornare alla ormai agognata normalità strutturata.

Per il momento tutti possono aiutarsi concedendosi una mutua assenza incondizionata. Così facendo, il legame assume una connotazione diversa, in cui tutti in preda allo stesso mare in burrasca, collaborano all’unisono con la stessa condotta per lo stesso fine: l’umanità, adesso, si riconosce in un atteggiamento unanime di tutti a favore di tutti.

Ognuno concederà la salvaguardia dell’altro solo regalando la propria assenza all’altro senza mezzi termini, perché questo cataclisma comunitario ci ha resi inevitabilmente uguali, equamente soggetti allo stesso male e potenzialmente letali per i nostri simili.

Così facendo, il legame sociale assume una connotazione nuova e, allo stesso tempo, antica, diversa ma comune: oggi si sta vivendo sotto la medesima costellazione di pericoli in cui i rapporti sono regolati da semplici ed “elementari” gesti di dono e di scambio ineluttabilmente reciproci. È solo tramite l’operatore del dono che si sta realizzando la coesione sociale. 

Il dono è costruito sul rapporto triadico dare-ricevere-ricambiare, con cui si mette in campo una conviviale generosità ed una solidale reciprocità , entrambe atte a far sì che nessuno nella società resti a mani vuote e che tutti entrino in questo circolo di unità e solidarietà. E cosa ci stiamo richiedendo scambievolmente oggi? Di cosa si ha un impellente bisogno? Della nostra mutua assenza. La strada del ritorno alla nostra normalità dovrà passare inevitabilmente per la via dell’assenza, dell’anaffettività e della lontananza; siamo costretti alla passività e al lento trascorrimento del tempo in cui dobbiamo fermarci oggi per correre più veloci domani.

Nulla però rispecchia meglio questo paradigma del dono delle svariate migliaia, tra medici e infermieri, che prontamente hanno risposto all’appello di soccorso provenienti dalle zone più colpite. Con una dilagante generosità ed una contagiosa reciprocità, questi coraggiosi angeli dimostrano una solidarietà incomparabile, mostrando come, per quanto essi si trovino “dall’altra parte”, siamo tutti esseri umani, affermazione di un autentico e genuino umanismo, senza bandiere, senza stendardo e senza barriere.

Fa capolino, all’interno di questa riflessione sulla reciprocità, un concetto sapientemente elaborato da Alain Caillé, sotto in nome di incondizionalità condizionale, per mezzo di cui «Tutto ciò che viene richiesto va immediatamente ceduto per far capire che si sta puntando sulla scommessa incondizionale di una alleanza, senza cui si riprecipita subito nella guerra». È solo accettando e consolidando questa alleanza di lontananza che si può passare allo stato calcolatorio della scommessa: si entra, pertanto, in una singolare forma contrattuale di do ut des a sfondo utilitario, la cui condizione di misura è l’accettazione incondizionata di ogni richiesta.

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