Le origini del Coaching

La parola Coaching trae origine da Kochs, un villaggio ungherese situato qualche decina di chilometri a Nord della Capitale, rinomato per la produzione di carrozze. Con il termine Kochs si indicava un mezzo di trasporto trainato dai cavalli. E’ dunque lecito pensare a una continuità semantica tra il significato originale e quello veicolato dalla parola Coach.

In Inghilterra, il verbo To Coach è stato introdotto in ambito sportivo, sebbene l’origine del termine sia da ricercarsi in ambiente Universitario. Infatti, nel XIX secolo gli studenti si riferivano al Coach per indicare in modo rispettabile il loro tutor.

Il filosofo greco Socrate può essere considerato il primo coach della Storia. Il suo metodo, la Maieutica, si poneva l’obiettivo di far partorire le menti, di fare venire allo scoperto l’individuo con la sua unicità e le sue capacità. Il Coaching riprende infatti in modo distintivo e fruttuoso proprio questo metodo, ponendo grande risalto al dialogo ed all’ascolto attivo.

Ma bisognerà attendere la fine del secolo scorso per arrivare alla nascita del Coaching moderno. Alla fine degli anni Settanta il maestro di tennis Timothy Gallwey ebbe l’intuizione che i giocatori di tennis potessero autocorreggersi e dare il meglio se, ai consigli, ai suggerimenti e agli inviti a impiegare maggiore forza, si sostituivano domande aperte, con un approccio più rilassato e inducendoli a visualizzare il loro obiettivo.

Alla base del metodo che Gallwey andava sperimentando, c’erano la sospensione del giudizio, l’attingere dal proprio vissuto e concentrarsi sul “fare”, con obiettivi ben individuati.

Dalle sue osservazioni, Gallwey trasse un libro, caposaldo del Coaching, il cui titolo è “The Inner Game of Tennis“.

Elaborando le intuizioni di Timothy Gallwey, l’ex pilota automobilistico e padre del Coaching, John Whitmore, si adoperò per diffonderne il pensiero e per approfondirlo ulteriormente. Whitmore, in collaborazione con Graham Alexander, trascorse buona parte degli Anni Ottanta approfondendo metodi, concetti e tecniche nell’ottica di un miglioramento delle prestazioni all’interno delle Aziende. L’intento dei due era quello di dimostrare come fosse possibile migliorare non solo le prestazioni, ma anche il processo di apprendimento e il grado di piacere, gratifica e divertimento degli individui.

Nel 1986, la McKinsey, società di consulenza manageriale che già ricorreva al Coaching per i manager, divenuta cliente di Whitmore e Alexander, chiese loro di elaborare un’ulteriore struttura di supporto per il miglioramento delle prestazioni e la liberazione del potenziale personale.

Nel libro “Coaching for Performance” (tradotto in 23 lingue), Whitmore elaborò un modello che divenne il principale punto di riferimento del Coaching, il modello GROW (Goal, Reality, Options, Well) molto apprezzato perché semplice da memorizzare e immediato per focalizzare azioni e risultati.

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