Democrazia alla deriva

Ce ne si accorga o no, è finita un’epoca. Sono cambiate le prospettive per chi nasce. Chi se ne è reso conto, si adatterà a fatica. Chi non se ne è accorto, navigherà nuovi mari con vecchie barche – a rischio costante di naufragio.

Alessandro Magnoli Bocchi, fondatore e CEO di Foresight Advisors

Le istituzioni della democrazia rappresentativa stanno diventando irrilevanti. Decenni di governi inadeguati e politiche mediocri hanno delegittimato lo Stato e sancito il primato dell’economia sulla politica. Disillusi da mancanza di visione e clientelismo, molti cittadini si sono allontanati dalla res publica, convinti che il loro voto non conti nulla. Le sedi di rappresentanza democratica – partiti e parlamento su tutte – si sono svilite.  La partecipazione elettorale è bassa. L’élite è percepita come casta privilegiata e corrotta. La frattura tra establishment ed elettori pare irreversibile.

Si torna all’antico: democrazia diretta. Ad Atene la democrazia era diretta. Oggi, il discontento e la tecnologia stanno riportando la democrazia all’antichità, trasformandola da “rappresentativa” a “diretta”. Grazie al web il cittadino è al centro della società – e vota ogni giorno, non solo durante consultazioni ed elezioni.

In democrazia diretta ci vogliono elettori preparati. Il livello minimo di conoscenza necessario ad amministrare è ormai alto. Se chi vota non è in grado di giudicare la competenza dei candidati o la qualità delle loro idee (e.g.: su fiscalità, pensioni, sanità, immigrazione o riforme del mercato del lavoro), l’eletto è spesso a digiuno dei rudimenti di diritto, storia ed economia – e dunque inadatto a gestire problemi collettivi complessi.

Il contesto non aiuta: chi è impreparato fatica a maturare opinioni consapevoli. Una scarsa preparazione inibisce la capacità critica, espone alla manipolazione dei media e favorisce una percezione distorta della realtà. Analfabetismo funzionale e fake news, rese virali dai social media, viziano il voto.

1. Analfabetismo funzionale: Italia seconda in Europa. È analfabeta funzionale (o low skilled) chi: 1) ha “difficoltà a comprendere testi semplici”2) è incapace di rielaborare le informazioni necessarie alla vita quotidiana; e dunque 3) tende a considerare “vere” le opinioni allineate al suo sentire. Con più del 47 per cento della popolazione, l’Italia – a pari merito con la Spagna, preceduta solo dalla Turchia – è seconda in Europa per numero di analfabeti funzionali.

2. Fake news: fenomeno antico, reso virale dalla tecnologia. La Storia è costellata da episodi di disinformazione. Le notizie false – di contenuto sensazionalista e spesso violento – si diffondono più velocemente di quelle verificate. Nel 1814, la borsa di Londra andò in tilt per la notizia (rivelatasi falsa) della morte di Napoleone. Nel 1938, la trasmissione radiofonica “La Guerra dei mondi” di Orson Welles scatenò il panico annunciando un’invasione aliena. Nel 2003, Colin Powell mostrò al Consiglio di Sicurezza dell’ONU una (presunta) fiala di antrace, a prova dell’arsenale chimico iracheno. Nel 2018, 48 paesi (20 in più rispetto ai 28 del 2017) sono stati teatro di campagne di disinformazione.

3. “Percezione distorta della realtà”: Italia prima nell’Ue. La distorsione è misurata dal divario (in punti percentuali) tra dati reali e percepiti. Per esempio, in Italia: 1) dal 2000 ad oggi il numero degli omicidi è diminuito del 39 per cento, ma l’84 per cento degli italiani pensa che sia “cresciuto” o “non calato”; e 2) gli immigrati non-Ue sono l’8,4 per cento della popolazione, ma il 73 per cento degli italiani ne sovrastima la presenza al 16 – 25 per cento.

Rischio di deriva autoritaria. Milioni di cittadini, indeboliti e isolati, hanno paura del futuro e reclamano sicurezza – economica, sociale e culturale. I ceti medi non hanno certezze. La democrazia è a rischio, soprattutto se chi vota: 1) ignora o non capisce i programmi elettorali; 2) non esige competenza dai candidati; 3) non ha l’abilità di verificare la veridicità di una notizia; 4) si affida a percezioni più che a dati concreti; e dunque 5) tende al plebiscito. Senza buoni governanti, l’autoritarismo attrae consensi crescenti. Una deriva assolutistica – in forme inedite, moderne – è un rischio reale.

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