Maggiolino, dal regime al popolo

Fu Adolf Hitler a voler realizzare un’auto per tutti in un periodo un cui era un lusso per pochi, inseguendo qualcosa di simile a quanto accaduto con la popolare T Ford negli Stati Uniti. In particolare Hitler voleva qualcosa di simile alla Tatra V570, un prototipo di utilitaria disegnato da Hans Ledwinka per la casa automobilistica ceca Tatra.

La nuova auto avrebbe dovuto poter trasportare due adulti e tre bambini, la famiglia media tedesca dell’epoca, consumare poco, avere un motore raffreddato ad aria, ed essere generalmente solida, duratura ed efficiente. Per finire, non sarebbe dovuta costare più di 1.000 Reichsmark, quando lo stipendio di un operaio era di 130 Reichsmark al mese: per l’epoca, pochissimo.

Hitler affidò l’incarico all’ingegnere austriaco Ferdinand Porsche, che nel 1935 presentò due prototipi, diventati tre l’anno successivo (V1, V2 e V3) costruiti interamente a mano. Nel frattempo nel 1937 Hitler aveva ordinato la costruzione di una fabbrica in Bassa Sassonia e di una città attorno, la futura Wolfsburg; nel 1938 la fabbrica venne inaugurata e fu così che nacque Volkswagen.

L’inizio della Seconda guerra mondiale bloccò la produzione in massa delle nuove utilitarie, chiamate KdF-Wagen, che non vennero mai realizzate: da subito infatti Volkswagen iniziò a produrre veicoli militari, sfruttando la manodopera forzata di operai da tutta Europa.

Dopo la fine del conflitto la fabbrica venne riaperta e, sotto il controllo del maggiore dell’esercito inglese Ivan Hirst e di Ferdinand Anton Porsche, il figlio di Ferdinand Porsche, venne poi trasferita al governo tedesco e allo stato della Bassa Sassonia, dove si trovava, che possiede tuttora parte dell’azienda.

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