La prossima crisi economica sarà quella ambientale

Uno studio dell’Institute for public policy research (IPPR) del Regno Unito ha stabilito un legame tra la crisi ambientale ed un nuovo possibile crollo del sistema finanziario. Una conclusione che riprende da vicino, in modo scientifico, la preoccupante previsione fatta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nei giorni scorsi, celebrando l’anniversario del disastro del Vajont. Secondo gli autori del rapporto inglese, le interconnessioni tra rischi climatici, sociali ed economici sono state finora sottovalutate.

La crescita della temperatura media globale provocherà effetti a catena. Che interagiranno gli uni con gli altri, con conseguenze economiche e sociali. Basti pensare al fatto che – secondo un rapporto della Banca asiatica per lo sviluppo del 2017 – il numero di profughi climatici potrebbe esplodere.

Dagli anni 80 ad oggi questi eventi si sono triplicati. Ma inondazioni, tempeste, tifoni o, al contrario, siccità e ondate di calore estreme non sono solo problemi climatici. Hanno infatti un impatto sociale enorme sugli esseri umani. E ciò li trasformerà in un’emergenza mondiale che produrrà conflitti, carestie, malattie.

Un concetto confermato anche dagli esperti presenti all’ultimo Forum internazionale Greenaccord di Giornalismo ambientale a San Miniato (Pisa): «Se i governi non prenderanno misure urgenti per contenere i cambiamenti climatici, entro il 2050 si troveranno a dover far fronte a un miliardo di migranti ambientali» ha spiegato la giornalista finnico-canadese Kaarin Rugiero.

Occorre quindi intervenire prima che sia troppo tardi. Soprattutto attraverso due trasformazioni socio-economiche. In primo luogo, aumentando la resilienza di infrastrutture, mercati e processi politici. Quindi trasformando le attività umane «in modo da combattere le diseguaglianze». Altrimenti, la somma di cataclismi climatici e società inique potrebbe creare una miscela esplosiva.

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