Google Welfare

Forse i colossi digitali stanno comprendendo che la Qualità e la Reputazione passano non solo dalle condizioni di lavoro dei dipendenti diretti, ma anche di quelli esterni.

Google ha deciso di farsi garante dei lavoratori dei suoi fornitori e di imporre alle società terze un regime minimo salariale e l’estensione del welfare aziendale. È la mossa del colosso tecnologico californiano per rispondere alla richiesta da parte dei suoi dipendenti di dare maggiori garanzie anche sui lavoratori dell’indotto.

Da quanto si legge sul quotidiano The Guardian, sarebbero oltre 900 gli impiegati che hanno firmato una lettera indirizzata ai vertici della società di Mountain View per chiedere maggiori tutele lavorative.

E Big G è intenzionata ad accettare tutte le richieste presentate, che prevedono per i dipendenti di terze parti che lavorano negli Stati Uniti un salario minimo di 15 dollari l’ora, da adeguare entro il 2020, e l’inclusione dei benefici dell’assistenza sanitariaentro il 2022.

Inoltre, Google chiederà anche agli appaltatori 12 settimane di congedo parentale retribuito e il rimborso, fino a 5mila dollari l’anno, di spese sostenute dai dipendenti per corsi di formazione e acquisizione di nuove competenze. Questo certamente contribuirà a ridurre il divario nel trattamento della forza lavoro dei piccoli gruppi e quelli delle grandi compagnie tecnologiche per cui lavorano.

Ma la capacità – e forse la necessità, data la sempre maggiore visibilità – delle grandi compagnie di non essere completamente sorde alle esigenze dei loro dipendenti e alle loro richieste ha visto anche altri segnali positivi negli ultimi anni. Lo scorso ottobre anche il colosso dell’ecommerce Amazon ha introdotto un salario minimo di 15 dollari per i suoi dipendentiamericani. E sempre nel settore tecnologico, l’anno scorso Microsoft aveva introdotto l’obbligo del congedo parentale retribuito alle società esterne.

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