Meccanica (quantistica) della mente

Roger Penrose, matematico e fisico britannico è arrivato ad affermare che la mente è quantistica e che è proprio questa la ragione per cui gli esseri umani possono fare cose che nessun computer classico sarà mai in grado di fare. Negli ultimi anni si è assistito a un rinnovato e crescente interesse di parte della comunità scientifica verso il tema più generale della biologia quantistica, essenzialmente per due ragioni:

  • lo sviluppo prepotente, concettuale e tecnologico, dell’informazione quantistica, la disciplina che utilizza la fisica quantistica per trattare l’informazione e che prevede e promette la possibilità di realizzare dispositivi dalle prestazioni enormemente più elevate rispetto a quelle fornite dai sistemi classici;
  • il perfezionamento di tecniche e strumenti per l’osservazione delle dinamiche nei sistemi biologici su scale di tempi e lunghezze sempre più piccole, quelle in cui effetti quantistici inattesi potrebbero far valere la loro presenza, prevista solo dalle speculazioni più ardite.

La meccanica quantistica è una teoria strana e per molti aspetti paradossale, e fornisce una descrizione delle cose assai diversa dalla realtà a cui siamo abituati. Per esempio nel mondo degli “oggetti quantistici” non si può misurare nulla senza influenzare l’esito della misura: chi osserva – lo sperimentatore – dà sempre noia all’osservato e diventa così parte integrante dell’esperimento. Per alcuni, Eugene Wigner in particolare, ciò rappresenterebbe la prova che è la stessa mente di chi osserva che influenza, in qualche indecifrabile maniera, l’esito dell’osservazione.

Malgrado la meccanica quantistica sia, come abbiamo già ricordato, la migliore teoria che abbiamo a disposizione per descrivere il mondo microscopico, la sua efficacia, come la democrazia per Winston Churchill, va di pari passo con parecchie stranezze che l’hanno resa indigeribile persino a certi grandi scienziati. Richard Feynman, ne Il carattere della legge fisica, del 1965, sottolineava come egli fosse quasi certo che nessuno la comprendesse. “Sono nato non capendo la meccanica quantistica e non la capisco ancora”, avrebbe poi ribadito nel 1983.

Un computer quantistico è un computer che sfrutta le leggi della meccanica quantistica per elaborare i dati e utilizza come unità fondamentale il qubit (da quantum bit). A differenza di un bit classico, che può occupare alternativamente solo uno di due possibili stati classici (un gatto può essere vivo o morto, una capra può stare sopra o sotto una panca), un qubit è una particolare sovrapposizione di due stati quantici.

Per alcuni, a cominciare da Roger Penrose, il computer quantistico è il dispositivo che meglio potrebbe simulare i processi cerebrali che “realizzano” quella cosa che chiamiamo mente umana. Il suo fantasioso sodale, l’anestesiologo Stuart Hameroff, una trentina di anni fa, aveva così immaginato di poter ingaggiare nel ruolo di qubit neurale i microtubuli, una struttura proteica a forma cilindrica, dei “bucatini” di lunghezza pari alla spessore medio di un capello umano (decine di milionesimi di metro).

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